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Il disturbo d'ansia generalizzato
ARTICOLI E APPROFONDIMENTI PSICOLOGIA CLINICA E PSICOTERAPIA  /  IL DISTURBO D'ANSIA GENERALIZZATO (DAG)

Il disturbo d'ansia generalizzato (DAG) | Dr. Roberto Gava

"C'è bisogno di poco per essere felici; è tutto dentro di te, nel tuo modo di pensare" (Marco Aurelio)
Sono preoccupato. Non so proprio perché, ma sono sempre teso e preoccupato. È come se avessi paura di qualcosa che deve capitarmi tra capo e collo da un momento all’altro”. Questo è il tipico modo di esprimersi della persona che soffre di disturbo d’ansia generalizzato.
Tutti manifestiamo, nel nostro comportamento quotidiano, una certa misura di ansia. In alcuni casi, però, l’ansia diventa talmente disturbante da tradursi in una seria compromissione della qualità di vita, delle relazioni interpersonali e dell’attività lavorativa.
Il Disturbo d’Ansia Generalizzato, detto anche DAG, è caratterizzato da uno
stato di costante e pervasiva preoccupazione per le più diverse e comuni situazioni di vita.
Chi soffre di DAG si preoccupa per questioni come la
salute (“E se avessi una malattia incurabile?”), l’incolumità fisica propria e dei familiari (“Quando sento la sirena di un’ambulanza penso subito che sia accaduta una disgrazia a mio marito”), il lavoro (“E se sbagliassi tutto?”), il denaro (“E se cominciassi a perdere soldi?”), le relazioni sentimentali (“E se il mio partner mi lasciasse?”) e così via. Pensieri simili sono comuni a molte persone, ma quando si ha questo disturbo tutto viene esagerato.
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Ad accompagnare quasi costantemente queste preoccupazioni è un elevato livello di attivazione fisiologica e comportamentale, con sintomi quali irrequietezza, tensione muscolare, irritabilità, respiro affannoso, accelerazione del battito cardiaco, bocca secca, vertigini, debolezza e disturbi intestinali.
Chi soffre di DAG può svegliarsi durante la notte con la preoccupazione di non riuscire a risolvere un problema economico o di non essere all’altezza del lavoro che deve svolgere o agitarsi eccessivamente nell’attendere un amico in ritardo perché immagina che abbia avuto un incidente.
Il DAG è un problema di carattere cronico: molte persone raccontano di come la loro vita sia stata perennemente segnata dall’inquietudine.
Il
rimuginio è un elemento centrale del disturbo. Rimuginare significa pensare e ripensare continuamente alle cose negative che potrebbero capitare al fine di prevederle o prevenirle. L’individuo con disturbo d’ansia generalizzato fatica a controllare il proprio rimuginio, passa di cruccio in cruccio prevedendo una catastrofe dopo l’altra, e come se non bastasse, si agita per il fatto di arrovellarsi così tanto. Egli riconosce di trascorrere molto tempo della sua giornata preoccupandosi per cose di secondaria importanza, ma non riesce a farci niente e ne segue uno stato di prostrazione e di logorio.
Con il tempo l’ansia e le preoccupazioni costanti possono contribuire a determinare un senso di eccessiva stanchezza, cefalea tensiva, disturbi epigastrici e alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno inquieto o insoddisfacente).
"La  lezione  più  importante  che  l’uomo  possa imparare in vita non è che nel mondo non esiste la paura, ma che dipende da noi trarne profitto e che ci è consentito tramutarla in coraggio".

- Tagore
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, soffre di disturbo d’ansia generalizzata il 5% della popolazione mondiale, soprattutto donne. Solo un terzo di chi ne soffre, tuttavia, si rivolge ad uno specialista della salute mentale, in quanto i sintomi fisici dell’ansia (es. spossatezza, dolori e acciacchi, colon irritabile e disturbi del sonno) spesso portano i pazienti a rivolgersi ad altre figure professionali (es. medico di base, internista, cardiologo, pneumologo, gastroenterologo).
I
trattamenti riconosciuti come più efficaci per la cura del disturbo d’ansia generalizzato sono la farmacoterapia e la psicoterapia. La letteratura scientifica conferma che gli psicofarmaci sono efficaci nel trattamento dell’ansia generalizzata. Tuttavia, l’alto rischio di dipendenza e il frequente ritorno dei sintomi dopo l’interruzione del trattamento precludono l’utilità di questi farmaci.
La psicoterapia è risultata efficace quanto la farmacoterapia ma, al contrario di quest’ultima, non causa effetti collaterali né sintomi di astinenza, aumentando le capacità interne dei pazienti e il loro senso di controllo e padronanza.
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